L’economia italiana, storicamente, ha giovato di un contributo decisivo derivante dalle piccole e medie imprese, spesso nate come attività a conduzione familiare e trasformatesi poi in importanti volani per tutto il mercato nazionale del lavoro.
Da qui la necessità da parte dello Stato di tutelare e incentivare questo tipo di iniziative imprenditoriali, offrendo l’opzione di una gestione della contabilità facile e immediata. Nasce così la differenziazione tra contabilità semplificata e ordinaria.
Di norma, chiunque apri un’attività a scopo di lucro viene automaticamente sottoposto ad un regime di contabilità ordinaria. Spetta dunque al soggetto richiedente, in fase di presentazione della prima dichiarazione annuale Iva, spuntare l’opzione “contabilità semplificata”.
Il vantaggio è un netto risparmio di tempi e soprattutto di spese derivante dall’esenzione a presentare determinati registri di contabilità generale. Infatti le imprese a contabilità semplificata hanno l’obbligo di tenere esclusivamente i registri Iva, mentre quelle a contabilità ordinaria anche il libro giornale, il libro inventari ed il registro beni ammortizzabili.
Hanno accesso alla contabilità semplificata tutte le imprese individuali e le società di persone con ricavi (accumulati nell’anno precedente) che non superino le soglie di 400.000 euro per attività che forniscono servizi e di 700.000 per quelle che cedono beni.